Macroregione, il futuro dei piccoli territori

Pescara. Si è parlato di Marca Adriatica al convegno organizzato da Scuola di Regione, il movimento promosso da Luciano D'Alfonso
Pescara. Si è parlato di Marca Adriatica al convegno organizzato da Scuola di Regione, il movimento promosso da Luciano D'Alfonso

«Il mondo occidentale, l'Europa meridionale e l'Italia in particolare stanno vivendo un momento di grave crisi economica e di ripensamento del sistema istituzionale a cui hanno dato vita in un passato non lontano, sia livello intergovernativo che a all'interno degli Stati.
 
Proprio in questo contesto, assume una rilevanza strategica l'azione partita direttamente dai territori, dai livelli istituzionali regionali, amministrativi, universitari e delle autonomie funzionali (Euroregione Adriatica, Forum delle città, delle Camere di Commercio e delle Università dell'Adriatico) per creare una Macroregione Adriatico- Ionica che, nell'ambito di un'area omogenea, quale è quella del Bacino Adriatico Ionico appunto, attivi una programmazione socio-economica sostenibile al fine di attrarre risorse europee e mettere a sistema anche strategie comunitarie di comunicazione intermodale, di sicurezza di produzione, di commercializzazione marittima, oltre che di sviluppo turistico e culturale.
 
Nell'ultimo decennio abbiamo lavorato molto per questo risultato che tende a sviluppare il nostro territorio, ma anche a riequilibrare una politica europea troppo spostata al centro-nord del continente, con preoccupanti proiezioni nord-ovest e nord-est, che escludono di fatto l'Europa mediterranea e i paesi, tra cui l'Italia, che vi si trovano. Ne sono esempio le Macroregioni del Baltico e del Danubio, già costituite e già destinatarie di grandi finanziamenti per varie iniziative che si stanno realizzando, oltre che di molta attenzione dal parte dei vertici della UE. Finalmente, nel prossimo autunno, il Consiglio Europeo darà alla Commissione il compito di sviluppare gli obiettivi della Macroregione Adriatico-Ionica.
 
Ciò consentirà per il 2014, in coincidenza con la Presidenza italiana, alla nostra Macroregione di concludere l'iter previsto ed essere approvata definitivamente e poter, quindi, come tutti speriamo, svolgere il suo ruolo di attore primario delle politiche di sviluppo dell'Unione, sicuramente nel bacino Adriatico Ionico ma, più in generale, nel Mediterraneo. Un obiettivo che è stato fatto proprio dal Governo italiano, con una recente posizione del Ministro Terzi, espressa in un incontro con la Commissione Europea. Dunque, siamo a un buon livello, ma dobbiamo continuare oltre. L'iniziativa della Marca Adriatica si inserisce molto bene in questo percorso e sicuramente può attivare azioni comuni tra regioni per mettere a punto idee e programmazioni di interesse dei territori che poi possono far parte di una strategia adriatica più allargata e, quindi, essere inserite nei punti fondanti della Macroregione, in via di costituzione».

Lo ha detto il Presidente della Regione Molise Michele Iorio, intervenendo come relatore a Pescara, anche nella veste di Presidente dell'Euroregione Adriatica, all'incontro dal titolo "Marca Adriatica. Abruzzo, Marche e Molise al futuro", organizzato dall'Associazione "Scuola di Regione" presso il Parco dei Gesuiti. Sono intervenuti anche il Presidente della Regione Marche, Gian Mario Sapacca, l'Assessore regionale del Molise ai Lavori pubblici, Antonio Chieffo, e il Rettore dell'Università Telematica di Napoli, Gianni Di Giandomenico, oltre ovviamente all'organizzatore Luciano D'Alfonso, della "Scuola di Regione".

Marca Adriatica è un'iniziativa portata avanti da "Scuola di Regione" e tende a immaginare una sorta di federazione tra regioni (Marche, Abruzzo e Molise), e quindi tra territori, per attivare iniziative comuni di crescita e sviluppo sotto l'aspetto economico, sociale e istituzionale.
«L'intuizione della Macroregione, che dieci anni fa apparteneva a pochi, ma che oggi è da tutti ritenuta valida - ha detto ancora il Presidente Iorio-  è la testimonianza di come i territori e le istituzioni locali molte volte sappiano leggere, meglio degli Stati centrali, i tempi, rendendosi conto prima e meglio di cosa occorre al tessuto economico-sociale. Le istituzioni, dunque, sono strumenti dei territori e particolarmente di quelli più piccoli e meno forti che possono così tenere il passo e lottare per non essere sopraffatti da quelli più grandi e con migliore capacità di fare massa critica in contesti sempre più grandi ed estesi, a loro volta, come la Ue e, ormai con la globalizzazione, il mondo intero.
 
Per questo non posso che esprimere tutto il mio disappunto quando vedo le istituzioni -  che si sono create in base ad un preciso e meditato progetto politico attuato nell'ambito di una complessa architettura dell'articolazione della Repubblica, non sottraendosi a tante lotte di democrazia e di civiltà - essere cancellate solo per una motivazione di carattere finanziario e di risparmio di spesa. Il tutto senza avere, come sta accadendo adesso, un pur minimo criterio logico e razionale di revisione generale dell'assetto della Repubblica. Le istituzioni sono nate per assicurare il godimento dei diritti ai cittadini attraverso la fornitura anche di servizi di base, non per motivi di mero carattere economico-finanziario. Cancellarle senza un dibattito e una riflessione consapevole, non individuando neanche bene chi deve prendere il loro posto, come sta avvenendo con le Province, significa "sopprimere" alcuni diritti di quei cittadini che vivono in zone meno popolose o ampie di questo Paese, sacrificandoli sull'altare, ormai da tutti ossequiato, della logica delle economie di scala e dei grandi numeri»

 

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