Terremoto del 31 ottobre 2002, l'Aula ricorda. Frattura: nel 2018 la ricostruzione, materiale, culturale e sociale, sarà terminata

Frattura:"Il 31 ottobre in Molise è una data che segna un prima e un dopo: una serenità naturale, forse quasi scontata, prima, e una serenità interrotta e mai recuperata dopo"
Frattura:"Il 31 ottobre in Molise è una data che segna un prima e un dopo: una serenità naturale, forse quasi scontata, prima, e una serenità interrotta e mai recuperata dopo"ome

Campobasso, 31 ottobre 2014 - Di seguito l'intervento integrale del presidente della Regione Molise, Paolo di Laura Frattura, nella seduta di Consiglio regionale dedicata al ricordo di tutte le vittime del terremoto del 31 ottobre 2002.

"Nel calendario del Molise c'è un giorno che ci fa fermare tutti, ovunque nei nostri centri. Il 31 ottobre il Molise si ferma. In un ricordo che si accompagna, anno dopo anno, a un dolore che nel tempo non si stempera. A una incredulità di ritorno che ancora oggi porta a chiederci: possibile che sia successo? Ad ogni anno che passa pensiamo agli anni che sono stati strappati a 27 bambini, ad ogni anno che passa non possiamo non domandarci che uomini e che donne sarebbero state le piccole vittime di un crollo che sempre sarà un brivido, un rimorso, uno schiaffo alle nostre coscienze. Ogni anno è dolore perché non poteva esserci epilogo più crudele di quello che abbiamo sofferto con la comunità di San Giuliano di Puglia.

Il 31 ottobre in Molise è una data che segna un prima e un dopo: una serenità naturale, forse quasi scontata, prima, e una serenità interrotta e mai recuperata dopo. Il 31 ottobre nel tempo, questo giorno oggi a 12 anni di distanza, come un getto d'acqua fredda che all'improvviso ci piove addosso e ci mette di fronte a una verità che non si accetta. Non si accetta, non la accettiamo, come uomini, donne, cittadini e amministratori. Non si accetta come non l'accettano le mamme, i papà, le famiglie di San Giuliano che, nel chiuso del loro dolore, passano i giorni, le settimane, i mesi a ripetersi: avevano solo pochi anni. Tutti quei bambini avevano solo pochi anni. Avevano appena indossato il grembiulino blu per l'avventura umana cui noi grandi guardiamo sempre con il sorriso della speranza: la scuola.

Per questo, per l'inaccettabile black out della normalità - scuola non più come luogo di vita, crescita,  allegria e confusione, ma scuola come inatteso luogo di morte dei bambini e della maestra - il 31 ottobre 2002 è un giorno che ha modificato la vita anche di tutti noi.
Forse è poco rispettoso parlare in termini tanto generali, poco rispettoso per la sofferenza delle singole famiglie, delle madri, dei padri, dei nonni che vivono i loro bambini come un ricordo lontano e lottano contro il tempo per non vederlo sbiadire, ma so che in tutto il Molise oggi di nuovo è lutto collettivo. Sofferenza sentita e condivisa. Noi siamo qui per un abbraccio vero e caldo a chi piange senza avere più lacrime da versare tante ne ha versate.

Ma noi siamo qui soprattutto per altri doveri. Il dovere di continuare a garantire sicurezza ai nostri figli e ai nostri cittadini. Il dovere di terminare una ricostruzione interminabile. 12 anni sono davvero troppi e ancora altri ne serviranno per consentire a chi perso casa di ritornare a casa. Ed è un punto centrale della ricostruzione, ma non è quello dirimente del nostro impegno di amministratori.

È la vita, vera, pulsante, da riportare nei comuni colpiti dal terremoto, il nostro dovere maggiore. Una ricostruzione senza il colore, il calore, il rumore delle attività quotidiane è una ricostruzione senza senso che nessuno di noi qui persegue.

Durante l'estate ho ricevuto la lettera di una studentessa universitaria che passa da sempre le vacanze nel paese della nonna, Bonefro. Mi scriveva della tristezza che le nasceva a vedere i cittadini vivere ancora nelle casette di legno. La tristezza, il rammarico, la denuncia di quella ragazza appartengono anche a noi. Nessuno avrebbe voluto casette di legno ancora abitate. Entro il 2018, è un impegno di tutti, termineremo la ricostruzione.

Come fatto già per San Giuliano. Lì è partita la più grande, importante, toccante battaglia sociale che l'Italia non poteva più rinviare: la sicurezza delle scuole e degli edifici pubblici. Da San Giuliano abbiamo iniziato a ricostruire un sistema che sapeva di colpevolezza e vergogna. Perché come ci diciamo dal 2002 non è di un Paese civile consentire l'utilizzo di strutture non a norma sul piano sismico. La struttura di San Giuliano però non sia solo un emblema. Il ridisegno che stiamo tracciando la deve vedere centro di incontro, raccordo e crescita di tante altre comunità vicine. Insieme possiamo farlo. 

Ieri abbiamo firmato l'accordo di programma quadro che completa il trasferimento dell'anticipazione di 12 milioni di euro al Comune di San Puglia per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali riconosciuti alle parti civili, a seguito del crollo della scuola Jovine. Ci siamo chiesti se la coincidenza delle date, la firma dell'apq e la vigilia di un anniversario di morte, potesse suonare in qualche maniera stonata per inopportunità o mancato rispetto.

È un fatto che è accaduto e che per noi può testimoniare la vicinanza dello Stato e delle Istituzioni nei confronti dei cittadini. Ho scelto di chiamarlo atto dovuto, mai consolatorio, solo dovuto al ricordo di chi non è diventato grande in mezzo a noi: Luca, Morena, Valentina, Raffaele, Paolo, Antonella, Maria, Michela, Valentina, Giovanna, Martina, Giovanna, Maria, Luigi, Maria Celeste, Sergio, Antonio, Luigi, Gianni, Antonio, Gianmaria, Luca, Melissa, Lorenzo, Giovanna, Costanza, Domenico, Umberto e la maestra Carmela."
 
Paolo di Laura Frattura

 
 
 
 

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