Caso Boldrini, la solidarietà di Petraroia alla presidente della Camera

Petraroia. Ha stigmatizzato ciò che il vicepresidente definisce «una cultura devastante che non riconosce le regole basilari di ogni società democratica»
Petraroia. Ha stigmatizzato ciò che il vicepresidente definisce «una cultura devastante che non riconosce le regole basilari di ogni società democratica»

Il vicepresidente della Giunta regionale del Molise, Michele Petraroia, ha inviato una lettera di solidarietà  alla  presidente della Camera, on. Laura Boldini,  a seguito del «susseguirsi di episodi di intolleranza, violenza verbale ed aggressioni mediatiche sulla figura della terza carica dello Stato». Fatti questi, che meritano «una ferma presa di posizione a tutela delle Istituzioni democratiche e a salvaguardia dell'Ordinamento costituzionale».
 
«L'idea di sovvertire con la violenza i cardini del sistema istituzionale -
scrive Petraroia -  è stata già praticata in passato dal partito fascista che, cavalcando il populismo di massa, instaurò la dittatura, dal terrorismo, che provò a far saltare la democrazia italiana con attentati in cui caddero figure come quelle di Aldo Moro, e dalla strategia della tensione di matrice eversiva, che non esitò a mettere bombe, da Piazza Fontana a Piazza della Loggia a Brescia, fino alla stazione di Bologna».
 
«Pensare di scardinare la Costituzione -
continua il vicepresidente -  attaccando persistentemente, con una violenza immotivata e gratuita, il presidente della Camera dei deputati, il capo dello Stato ed i rappresentanti delle Istituzioni, è frutto di una cultura devastante incapace di avanzare proposte e che non riconosce le regole basilari di ogni società democratica».
 
Petraroia ricorda che «la sovranità appartiene al popolo che la esercita eleggendo il Parlamento, ed è in quella sede che, rispettando i regolamenti, ciascun gruppo politico e qualsiasi parlamentare può esercitare la propria funzione senza vincolo di mandato, come recita la Costituzione nata dalla Resistenza antifascista».
 
«Rimanere in silenzio al cospetto del moltiplicarsi di episodi inquietanti -
conclude - equivarrebbe ad allinearsi alla lunga fila degli indifferenti condannati giustamente da Antonio Gramsci, perché ritenuti complici silenti di chi mira a sovvertire la democrazia».

 

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